300 km, 200 kg, 65 giorni, 3 compagni, 1 montagna. Sono questi i numeri di una spedizione che, senza alcun tipo di supporto, utilizzando gli snow kite per coprire le distanze più lunghe e con carichi pesantissimi, ha portato Leo Houlding, Jean Burgun e Mark Sedon a raggiungere una delle regioni più remote dell’Antartide e del mondo. Il dream team ha infatti attraversato l’Antartide con l’obiettivo di scalare la cima della montagna più remota del pianeta: The Spectre, nella catena delle Gothic Mountains.
Se all’inizio del XX secolo raggiungere il Polo Sud era il sogno dei pionieri dell’età dell’oro delle esplorazioni, oggi la tecnologia, le infrastrutture e i mezzi di comunicazione hanno trasformato radicalmente l’esplorazione nelle regioni antartiche, aprendo le porte a una nuova era della scoperta. Questa spedizione ha puntato a utilizzare le moderne conoscenze delle aree polari e le tecniche che permettono di percorrere lunghe distanze ad alta velocità, minimizzando l’impatto sull’ambiente per accedere e esplorare una regione non facilmente accessibile alle spedizioni indipendenti.
Houlding ha dichiarato: “È impossibile esagerare l’impegno richiesto per stare su una parete così ripida e complessa, alla fine del mondo. Lontani dal nostro campo, eravamo molto isolati e molto esposti. Se il meteo in Antartide si fa minaccioso, la situazione in cui ti trovi diventa molto rapidamente una questione di sopravvivenza. Abbiamo raggiunto con più ansia che piacere la cima, ed eravamo sempre pronti a girare i tacchi e correre giù al primo soffio di vento”.
Non sempre quello che otteniamo è quello che ci definisce. Spesso, invece, è il perché otteniamo una certa cosa a fare chiarezza nella nostra esistenza.
Nel 2018, Hilaree Nelson e Jim Morrison hanno portato a termine la prima discesa integrale degli 8516 metri del Lhotse, la quarta montagna più alta del mondo. Nelson e Morrison non sono stati i primi a sciare quella montagna. Nel 2007 Jamie Laidlaw ha parzialmente sciato il Lhotse, ma non dalla cima. Con una pendenza di 60 gradi e diversi pericoli oggettivi, l’entrata negli 800 metri del Lhotse Couloir è posizionata dopo una parete molto esposta a quota elevata. I due americani non sono certo nuovi al mondo degli Ottomila. Nelson ha sciato il Cho Oyu nel 2005 senza ossigeno supplementare ed è stata la prima donna a sciare il Makalu Couloir sul Makalu, la quinta montagna più alta del mondo.
“Il Lhotse Coulouir è una linea perfetta e il fatto di essere veramente visibile solo dall’Everest gli ha conferito questo carattere mitico che ha risvegliato questo fuoco dentro di noi. Volevamo capire se fosse fattibile e sapevamo che non servivano solo le giuste condizioni, ma anche il team giusto e noi abbiamo avuto entrambi”, ha detto Hilaree. La coppia di alpinisti statunitensi si è recata in Himalaya nella stagione post monsonica, sperando che il famoso couloir, spesso spazzato dal vento e non praticabile con gli sci, potesse essere ricoperto di neve. Essendo fuori stagione e da soli, la loro piccola spedizione ha dovuto attrezzare l’Ice Fall e preparare la via senza contare su nessun tipo di aiuto.
Hors Piste rappresenta un elemento innovativo e divertente nel panorama della cinematografia di montagna. Il cortometraggio d’animazione è infatti stato realizzato e diretto da un gruppo di studenti francesi (Léo Brunel, Loris Cavalier, Camille Jalabert e Oscar Malet) della French École des Nouvelles Images (Avignone, Francia) e si è aggiudicato ben 50 premi, tra cui un prestigioso BAFTA come miglior film realizzato da studenti.
Nel cortometraggio, i protagonisti Parmesan e Salami sono tra i migliori soccorritori della zona e sono pronti per una nuova missione, un soccorso “estremo” a tutti gli effetti. Nonostante le loro capacità professionali e la loro determinazione, non tutto andrà come pianificato.
Dicono gli autori: “Volevamo realizzare una commedia che avesse per protagonisti due personaggi svampiti, e i genitori di Oscar e Léo sono alpinisti, quindi ci è stato facile decidere di ambientarlo in montagna. Abbiamo quindi inventato un team di soccorritori un po’ folli alle prese con le vette più alte e abbiamo provato a immaginare quale fosse la loro giornata tipo. Abbiamo aggiunto un personaggio ferito, testimone e vittima degli eventi, probabilmente l’unico veramente consapevole della situazione… Infine lo abbiamo ambientato negli anni ‘80 – compreso il look dei personaggi, i colori e anche la musica che abbiamo scelto – per fare una parodia delle serie TV di quegli anni, dedicate ai soccorsi come Baywatch, Airwolf o MacGyver”.
Ogni giorno, lo sciatore Richard Permin si dedica alla sua routine mattutina: una volta uscito dal letto, si infila gli sci e corre a comprare il pane. Ma perché farlo camminando normalmente per le vie di Avoriaz (Alta Savoia, Francia), quando si può sciare sopra i tetti innevati? Tra back-flip e acrobazie anche a più di 10 metri da terra, lo sciatore, le cui performance normalmente hanno luogo lungo le creste dell’Alaska, compie il suo tragitto verso la panetteria del paese per procurarsi la baguette, come ogni buon francese che si rispetti. Good Morning è un film in cantiere dal 2016 ma la sua realizzazione si è interrotta bruscamente quando Richard, proprio in fase iniziale delle riprese, si è rotto entrambi i talloni in un incidente, atterrando da un tetto. Questo incidente gli ha richiesto un lungo percorso di riabilitazione ma tre anni e 40 giorni di riprese dopo, lo sciatore si è preso la sua rivincita con questo incredibile cortometraggio, sicuramente il più insolito tra quelli da lui prodotti.
“Sciare sui tetti era una cosa che non era mai stata fatta. Abbiamo scelto Avoriaz per l’estetica particolare della sua architettura. Filmare linee disegnate dall’uomo in un contesto non naturale è stata l’idea che ci ha guidato, con l’obiettivo di rivolgerci a un pubblico più grande rispetto a chi ci segue di solito. In Alaska, possono veramente godere della performance solo gli appassionati o i professionisti della neve”, sostiene Richard Permin.
Nel suo ultimo film, vediamo il biker scozzese superstar Danny MacAskill nell’inconsueta veste di… baby sitter, ma naturalmente a modo suo! Niente bambole, giochi da tavolo o pennarelli per la piccola Daisy Thomson, figlia del regista e amico di Danny, Stu Thomson, ma un lungo giro in bici tra i sentieri fuori casa! Girato completamente in Scozia, il film è un progetto personale di Danny che ha realizzato nel tempo libero e che, proprio per questo, ha richiesto due anni di lavorazione. L’ispirazione è nata dalla passione per la bicicletta della piccola Daisy che, nelle scene finali, pedala insieme a Danny mostrando un precocissimo talento. “Il video è anche una parodia dei miei precedenti lavori e per questo abbiamo voluto fare le riprese in alcune location dei miei vecchi film, per far sorridere gli spettatori rivedendole” ha affermato Danny. Ed è proprio in questo contesto che si inserisce la scena girata in cima all’Inaccessible Peak, sulla Cullin Ridge.
Presto, si scopre anche che “nessun bambino è stato utilizzato per le tante acrobazie di Danny, che ha infatti pedalato in compagnia di una stunt-doll”.
A proposito di acrobazie, il film ne include una completamente nuova e davvero spettacolare: un flip barrel-roll che ha richiesto 16 giorni di allenamenti e diversi mesi di riprese prima di riuscire”.
“Molte persone che praticano skateboard o BMX devono inventarsi ogni mese qualcosa di nuovo, ma poi è come se guardassi sempre qualcosa di già visto”, afferma Danny. “A me piace cercare una storia, un concept. Se ne hai uno buono, non serve affidarsi solo alle acrobazie più folli”, conclude Danny.
Quattro top skier e un pilota di droni campione del mondo si trovano a Chatter Creek, British Columbia, una località che è stata spesso al centro di incredibili film dedicati allo sci. In questo caso, gli sciatori avranno a disposizione questo paradiso per una settimana. Istruzioni per l’uso? Una sola: darci dentro il più possibile! Ma non sarà certo difficile, considerando che i protagonisti di questa storia sono Stan Rey, Cody Townsend, Chris Rubens, Alexi Godbout e Jordan Temkin.
Nasce così l’idea e il concept di Charge, un titolo che non potrebbe essere più eloquente. “Charge era l’opportunità di prendere 4 sciatori tra i migliori sulla scena e di portarli in una delle più belle aree sciistiche dicendo loro di sciare tutto ciò che volevano”, ha affermato Mike Gamble. Invece delle riprese tradizionali, il team ha utilizzato il drone di Temkin dotato di una videocamera a 360 gradi. Ovunque gli sciatori andassero, era come se Temkin fosse lì a riprendere. Il risultato è un feeling completamente diverso. Invece di sentirsi uno spettatore, chi guarda è come se stesse vivendo in prima persona questa discesa mozzafiato e sciando insieme ai migliori del mondo!
Il nordic skating è, al tempo stesso, un’arte e una scienza e il film A Nordic Skater nasce dall’incontro tra Paulius Neverbickas, regista di Vilnius e Per Sollerman, un nordic skater norvegese.
Il cortometraggio racconta la storia di un uomo che usa i suoi cinque sensi per muoversi sul ghiaccio sottile, praticando questo sport nella regione di Oslo. La sua storia ci fa scoprire come un’attività poco conosciuta e relativamente poco praticata come il nordic skating abbia giocato una parte importantissima nella sua vita.
“Penso che passiamo troppo tempo nelle città, chiusi negli uffici”, dice Sollerman, “mentre nella parte più intima di noi è radicato il bisogno di stare all’aperto, nella natura”.
Il film è stato girato in 3 giorni: “Prima di questo viaggio mi sono allenato un po’ a pattinare sul ghiaccio”, ha detto il regista Paulius Neverbickas. “Sapevo che non avrei dovuto soltanto tenere il passo, ma anche filmare allo stesso tempo. Il freddo ha rappresentato una sfida, non solo le mie mani, ma anche le batterie si stavano congelando, ho dovuto tenerle tutto il tempo addosso a me per mantenerle al caldo il più possibile”.